L’archetipo del guaritore …andare oltre le proprie ferite…
Spesso mi capita di confrontarmi con l’archetipo del guaritore, anzi con l’archetipo della guaritrice ed a questo riguardo suggerisco di andare a leggere l’articolo di Baldo Lami “La ferita che guarisce” (https://www.facebook.com/groups/348439371960290/permalink/1777951515675728/)
E’ incredibile cosa emerge dentro di me quando osservo il mio operare da questa prospettiva.
Chi si dedica all’altro, presta attenzione al dolore dell’altro per aiutarlo, sostenerlo e cercare di trovare una strada per il benessere mentale e fisico delle persone, sa che quello che propone mentre esercita questa funzione, è la strada che in primis ha percorso lui stesso. Quando si parla di “guarigione dell’ anima” non ci sono altre strade da percorere che quelle che ci è stato dato di percorrere ed abbiamo esplorato noi stessi in primis. Possiamo uscire del Labirinto perchè abbiamo un metodo, una chiave che abbiamo trovato attrverso il nostro esperire la vita. Il potere delle ferite è un potere che si può trasformare in capacità di essere guida se abbiamo trovato un metodo per affrontare la nostra ferita, se ci siamo accorti della nostra “malattia”.
Accorgersi della propria “malattia” è il punto di partenza che consente di percorrere il difficile cammino per divenire guida e guaritrice con la consapevolezza di essere compagni di viaggio in divenire.
La malattia porta con se sempre necessariamente l’antidoto e la cura, ma per trovare l’antidoto, il vaccino, in definitiva la cura è necessario aver maturato esperienza, essere entrati nei meandri della propria profondità e non essere rimasti ciechi nonostante l’oscurità a cui si accompagna il dolore. Questa metafora che ho introdotto è eloquente, ci testimonia del fatto che il vero potere sta nella consapevolezza di ciò che si vive, di ciò che si attraversa e con la consapevolezza di ciò che stiamo vivento possiamo osservare, misurare e rettificare il nostro modo di essere. Per dirla con un linguaggio cognitivista, con la presenza consapevole, con la metacognizione è possibile trovare ovvero progettare nuove strategie operative che daranno alla situazione problema opportunità diverse di approccio e soluzione.
Per dirla in un linguaggio “alchemico”, nel percorso di catabasi che l’iniziato intraprende visitando le profondità della terra è possibile con la consapevolezza, rettificare e regolare la propria percezione del mondo e traformare i metalli vili in oro. Dunque già gli alchimisti sapevano (usando categorie di signiticato metaforiche) quanto era importante questo lavoro di trasmutasione, e di come potesse essere possibile l’opera di trasformazione esistenziale. Nel concetto di pietra filosofale era racchiuso un messaggio profondo da raccogliere attraverso la Coscienza. La coscienza è il grande utero alchemico di gestazione, è il luogo dove si incarna il nuovo , dove è possibile riparare, trasformare e dunque generare una prospettiva nuova.
La psicoanalisi, sicuramente da sempre ha inteso questo per cura : generare una prospettiva nuova attraverso la trasmutazione. La trasmutazione è in se un operazione che comporta il potere del cambiamento attraverso il simbolo, e il livello metaforico della parola, che proprio perchè ha questo statuto, possiede la capacità di innescare mutamenti attraverso collegamenti che si operano in strati diversificati della realtà, dal materiale, allo psichico, al mentale fino al livello spirituale. Dunque l’esperienza di guarire se stessi permette di conoscere la via della trasmutazione del dolore pesante a livello materico verso l’energia luminosa dello spirito. E’ cosi che se si guarda una guaritrice o un guaritore non si coglie più il dolore che lo attraversa ma si osserva una forte presenza luminosa portatrice di energia e positività.