L’informazione senza senso: scrollare, dimenticare, alienarsi

Viviamo in un flusso continuo di notizie che si assemblano senza logica, senza una direzione, senza un progetto editoriale che non sia quello di far soldi con la nostra attenzione. Tutto arriva sullo schermo nello stesso modo, con lo stesso peso specifico: un’inchiesta su un disastro ambientale scorre accanto al nuovo flirt di un influencer, la geopolitica si mescola con il trend del momento, il crollo delle borse sta lì, tra un video virale di un gatto e l’ultima polemica sterile sui social. Un grande calderone dove il senso si dissolve e noi, incollati al cellulare, ci illudiamo di essere informati mentre in realtà non riusciamo più a distinguere il rilevante dal futile. Le neuroscienze lo confermano: il nostro cervello si modella sugli stimoli che riceve e oggi è addestrato alla distrazione, allenato al consumo rapido, alla gratificazione istantanea. Scrolliamo, leggiamo due righe, ci indigniamo per un titolo, mettiamo un like, poi dimentichiamo tutto in due minuti. Non si crea memoria, non si sedimenta conoscenza, non c’è un percorso di comprensione. L’informazione si riduce a una pioggia di frammenti, tutti uguali, senza una gerarchia che ci aiuti a capire cosa conta davvero. E così finisce che il gossip prende il posto dell’analisi politica, che le fake news hanno la stessa dignità delle inchieste, che la velocità sostituisce la profondità. Il punto è che questa non è solo una crisi del giornalismo, è una crisi della nostra capacità di pensare. Se l’attenzione è la nuova moneta, noi la stiamo regalando a chi ci vuole anestetizzati, a chi ci vuole sempre connessi e mai concentrati, a chi ci bombarda di contenuti usa-e-getta per tenerci incollati allo schermo senza mai fermarci davvero a riflettere. Allora serve un’altra strada, serve un giornalismo che non sia solo intrattenimento, che non si pieghi alla logica dell’engagement, che torni a guidare invece di inseguire. Serve un’informazione che abbia un progetto, che costruisca un racconto, che dia una gerarchia ai fatti. Serve rallentare, selezionare, approfondire. Dobbiamo riprenderci la nostra attenzione, perché senza attenzione non c’è pensiero e senza pensiero siamo solo consumatori di una realtà che ci sfugge, mentre continuiamo a scrollare, senza sapere più nemmeno perché.

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