Il Male di Luna di Pirandello e l’Archetipo del Mannaro

Il Male di Luna di Pirandello e l’Archetipo del Mannaro: Una Riflessione Critica

Nel racconto Male di luna, Luigi Pirandello riprende il mito del lupo mannaro per trasformarlo in una metafora esistenziale, dove la licantropia non è solo un fenomeno soprannaturale, ma diventa il simbolo di un male interiore, un’inquietudine psichica, una condanna dell’anima.

Il protagonista, Batà, non è un vero licantropo nel senso mitologico, ma soffre di una malattia inspiegabile che lo porta, nelle notti di luna piena, a fuggire lontano dagli uomini e dalla propria moglie, a contorcersi in spasmi e urla bestiali, a essere dominato da un’energia primitiva e inarrestabile. Questo lo rende un emarginato, un reietto, un uomo che vive una doppia vita tra normalità e follia.

Ma chi è il vero condannato in questa storia? Batà, che subisce questa maledizione senza poterla controllare, o la moglie che, incapace di comprendere ciò che sta accadendo, sceglie di abbandonarlo per paura? Pirandello costruisce un racconto in cui la diversità non viene accettata, ma rifiutata, e il diverso viene condannato non solo dalla società, ma dall’affetto più vicino.

L’Archetipo del Mannaro: Il Destino dell’Emarginato

La figura del mannaro ha sempre incarnato il concetto dell’alterità, del diverso che la comunità teme e respinge. Nel mito classico di Licaone, il re viene trasformato in lupo da Zeus come punizione per la sua empietà. Il castigo non è solo la metamorfosi, ma l’essere espulso dalla specie umana, la condanna alla solitudine. Lo stesso avviene in molte leggende medievali, dove il licantropo è colui che, per colpa o per destino, non appartiene più a nessun mondo, né umano né animale.

Pirandello riprende questo tema, ma lo porta su un piano psicologico: il male di luna non è solo una trasformazione fisica, ma un destino di incomprensione, di isolamento, di frattura tra l’individuo e il resto del mondo. Batà non ha colpe, eppure è punito. Il suo dramma è il dramma di chi non può spiegare la propria sofferenza e viene per questo abbandonato.

Mannaro e Malinconia: L’Ineluttabilità di un Destino

Il male di luna si può leggere anche come una metafora della depressione e della fragilità psichica. Pirandello, da maestro dell’introspezione, descrive una condizione che ricorda il tormento interiore di chi soffre di disturbi mentali:

  • Un dolore che si manifesta ciclicamente, come un destino ineluttabile.
  • L’incapacità di chi ne è colpito di trovare le parole per spiegare ciò che gli accade.
  • L’isolamento e l’abbandono da parte di chi non capisce o non vuole comprendere.

Come la depressione, il male di luna rende Batà un uomo diviso, tra il giorno e la notte, tra l’apparenza normale e l’irrazionale sofferenza che esplode con la luna piena. In questa chiave, il racconto assume un valore ancora più potente: ci mostra quanto sia difficile convivere con ciò che non si può controllare e con l’incomprensione degli altri.

Pirandello e il Dramma dell’Identità Spezzata

Nel teatro e nelle novelle di Pirandello, l’idea dell’identità frammentata è centrale. I suoi personaggi sono spesso divisi tra ciò che sono e ciò che gli altri vedono di loro, tra la maschera e il volto vero.

Batà è un altro esempio di questa dicotomia: di giorno è un uomo normale, di notte è una creatura che non riconosce sé stessa. Ma ciò che lo condanna non è la sua condizione, bensì lo sguardo degli altri, il giudizio della società che non ammette le fratture, le anomalie, le devianze dal modello normativo di normalità.

Conclusione: Il Mannaro come Simbolo dell’Uomo Solo

Nel Male di luna, il lupo mannaro non è un mostro, è un uomo fragile e indifeso, vittima di un destino che non ha scelto. Ma nel mondo di Pirandello non c’è spazio per la comprensione: la sua moglie, spaventata e confusa, non cerca di aiutarlo, ma fugge. È la paura dell’irrazionale, dell’inspiegabile, dell’ombra che vive in ognuno di noi.

La condanna del mannaro è la condanna di chi è considerato diverso, di chi soffre e non riesce a spiegare il proprio dolore, di chi viene lasciato solo perché troppo difficile da capire.

E forse è questa la vera maledizione: non la trasformazione, ma l’abbandono.

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