Per trent’anni, Marisa aveva attraversato le notti con sogni che la riportavano a un tempo lontano, un tempo in cui lei e Federico erano giovani e pieni di speranze. Avevano vissuto vite parallele, entrambi avvolti dalle responsabilità e dall’amore per i figli. Eppure, tra di loro era nata un’amicizia profonda, un amore platonico che sembrava sfidare il tempo e la distanza.
Federico appariva nei sogni di Marisa con una regolarità che la inquietava e la confortava al tempo stesso. Nei sogni, pedalavano insieme su strade di campagna, le biciclette scricchiolanti sotto il peso dei ricordi non detti, gli sguardi carichi di un’intesa mai consumata, ma viva e pulsante come una ferita aperta.
Quella notte, Marisa sognò di nuovo. Il locale era caldo, le luci basse e accoglienti gettavano ombre lunghe sui tavoli. Suo figlio, ormai adulto, sedeva al centro della scena, parlando con Federico. La familiarità tra i due uomini era palpabile, una corrente silenziosa di parole non dette ma comprese.
Marisa entrò nel locale, il cuore che batteva come ai tempi della giovinezza. Si avvicinò al tavolo con un sorriso che cercava di nascondere l’emozione. Si sedette accanto a suo figlio, e con gesti materni iniziò a preparare il cibo, spezzando il pane e dividendo le pietanze.
Il silenzio tra loro era carico, ogni gesto un frammento di una conversazione più profonda. Marisa offrì del cibo a suo figlio, un atto d’amore semplice ma pieno di significato. Poi, con un movimento lento e deliberato, spezzò un pezzo di pane e lo porse a Federico. Lui la guardò negli occhi, e per un attimo sembrò che tutto il mondo fosse sospeso in quell’intesa.
Federico accettò il pane, ma subito dopo chiamò l’oste. Chiese un nuovo piatto e si alzò, cambiando tavolo. Il gesto era di una semplicità disarmante, ma portava con sé un peso che Marisa sentì fino nelle ossa. Restò lì, seduta, guardando Federico da lontano, il cuore colmo di una tristezza antica.
Seduto al nuovo tavolo, Federico mangiava in silenzio, la testa china sul piatto. Marisa continuava a osservarlo, comprendendo che quel gesto era una dichiarazione di distanza, ma anche di rispetto. Era come se Federico volesse dire che, nonostante tutto, non potevano più condividere la stessa intimità, almeno non come una volta.
Eppure, in quel sogno, Marisa sentiva che il loro legame non era spezzato. Era mutato, forse, trasformato in qualcosa di più sottile ma non meno reale. Continuavano a trovarsi nei sogni, in quel territorio onirico dove le leggi della realtà non avevano potere.
Federico e Marisa, nei loro sogni, erano come due anime che si riconoscono e si cercano, nonostante tutto. Il loro amore platonico viveva nei simboli e nei gesti, nei silenzi e negli sguardi. E anche se Federico si era allontanato al tavolo accanto, Marisa sapeva che il loro legame era ancora lì, vivo e palpitante, un filo invisibile che li teneva uniti nel profondo.
Mentre il sogno svaniva e la realtà tornava a farsi strada, Marisa comprese che l’amore che avevano condiviso non era mai veramente finito. Era lì, nei sogni che li legavano, nelle notti in cui le biciclette scricchiolavano sotto il peso dei ricordi, nei gesti semplici come spezzare un pezzo di pane e offrirlo con tutto il cuore.