Firenze via del Parione.
Dove c’era la latteria e poi più in là
Un portone che dava sul chiostro,
Dove c’erano l’aula cantina e l’Università.
L’odore della sigaretta o della pipa,
Annunciava la comparsa, sul tardi della mattina,
Bigongiari, Parronchi e Silvio Ramat.
Apparivano infagottati nei loro loden strapazzati,
Macchiati d’inchiostro dalle dita,
S’incantavano sulle scale
E le scale erano aperte sull’infinito
Scartabellare degli archivi cartacei
E dalla biblioteca di italianistica
Mancava sempre qualche libro prezioso,
Qualche studente, sovente
Lo dimenticava volentieri nei suoi pensieri…
Davanti le cattedre
C’era la percezione del mistero,
regnavano ancora sfavillanti
Le lettere scarlatte dell’anarchia.
Il chiostro, un giorno si svegliò
Ripulito e non ricordo
Se fu la Noferi o qualcun altro
Che consegnò all’oblio le tracce
Del 68 che erano state conservate,
già abbastanza tollerate.
Oggi in via del Parione
C’è ancora la stessa luce,
Lo stesso eco sul selciato
Mentre scorrono passanti,
La mattina spesso, qualche ombra si staglia
Sul portone della latteria
È rimasta solo l’insegna civetta per i turisti.
Hanno restaurato, cancellato e riorganizzato
Ma si illudono,
Sicuramente, Qualcuno
Anche se Altrove è restato,
… Lo vedo Silenzioso
Con il dito in terra
A indicare un invisibile ma persistente direzione.
…C’è stata la cremazione,
L’invisibile, comunque
Già era stato salvato, criptato
L’essenziale,
Restano soltanto un’urna vuota
E il suono di una campanella stonata
Che si confonde con i rumori
Della strada.