LA GRANDE AVVENTURA… PAOLA SPADINA
Anno 2020, marzo, venerdì 13, anno bisestile. E pandemia in corso!
Covid 19, questo è il nome del “mostro”, che ci costringe a stare rinchiusi in casa, reclusi nostro malgrado nella speranza di non dare modo al virus di prolificare e prosperare. Ad oggi sono circa 1800 i morti, in circa un mese di epidemia in Italia. Poco di più i guariti. Circa dodicimila gli infetti. E la virulenza del “mostro” è incredibile! Secondo forse solo alla Spagnola degli inizi del ventesimo secolo, il Coronavirus, altro nome del “mostro”, sembra essere inarrestabile.
Sono spiazzata, atterrita, vulnerabile. Ho paura, ma non per me, io ho affrontato di peggio; temo per Elena, mia figlia, temo che le possa succedere qualcosa, temo che possa succedere qualcosa a noi, i suoi genitori, che la possa danneggiare in qualche maniera. Temo che possa soffrire, ho paura che la situazione degeneri e di non riuscire più a darle da mangiare.Temo soprattutto che qualcosa possa farle perdere la serenità della sua infanzia.
Se potessi incontrare la me del passato e le dicessi quello che ho passato, la me del passato mi darebbe della matta. Oltre a tutto quello che può essere successo nella mia gioventù, vuoi per stupidità, vuoi per inesperienza, vuoi per orgoglio, non mi sarei mai aspettata di affrontare un cancro e una pandemia nell’ultimo anno e mezzo di vita ad oggi. Già il digerire la comparsa e la battaglia contro il carcinoma è stata un’impresa epica, dalla quale, almeno per il momento, perchè nella vita non esistono le certezze, ne sono uscita indenne; ma una pandemia… quante possibilità ha una persona, abitante della civiltà evoluta dell’occidente, di affrontarne una nell’arco della sua vita?
E questa concomitanza di fatti, che mi hanno stravolto l’esistenza, mi hanno lasciato una sensazione di insicurezza e di totale sfiducia nel domani. Sinceramente in questo operiodo non ho proprio voglia di fare alcun progetto per il futuro. Analizzando i sentimenti che mi pervadono il cuore in questi giorni, riscontro tanta tristezza, apatia e paura.
La tristezza è data dalla sensazione di ingiustizia che mi opprime; ingiustizia verso di me, perchè mi pareva di aver già pagato un pesante tributo alla vita; ingiustizia nei confronti di mia figlia, alla quale vengono sottratti giorni di serenità e di “normalità” con la mancanza della scuola e con l’isolamento, quindi la lontananza dagli amici e dalla vita sociale, nonni inclusi; ingiustizia nei confronti delle 1800 persone che hanno perso la vita, persone, non numeri, madri o padri, mogli o mariti, figli e figlie, nonni, amici, che hanno lasciato un vuoto nella vita di qualcuno.
Apatia, perchè non ho più desideri. Voglio solo che tutto questo finisca.
E la paura credo che sia il sentimento più comune tra tutti. La paura di ammalarsi, o che qualcuno di caro lo faccia; paura di non riuscire ad uscire da questa situazione entro breve, o che addirittura degeneri e vada a peggiorare; paura… chissà di cosa… paura di tutto… paura e basta forse.
Credevo che peggio del cancro non ci sarebbe stato niente.
Mi sbagliavo.
Peggio c’è la paura dell’ignoto. Ma non è solo questo, è proprio codardia e totale mancanza di voglia di investire energie, speranze e fiducia nel futuro. Che tu rimanga scottata da una brutta avventura, grossa, epica, può anche verificarsi nella vita, e la superi, bene o male, con le ossa rotte e con il morale sotto i piedi, ma due… come si fa?
Ogni giorno cerco di analizzare i miei sentimenti, per fare chiarezza ma anche per mantenere quel poco equilibrio mentale che avevo riacquistato dopo il carcinoma, e anche per dare un esempio positivo a quel piccolo angelo che, non so per quale buona azione di questa o di un’altra vita, mi è stato donato. I giorni scorrono tutti uguali, ci svegliamo quando ci pare al mattino, con tutta calma facciamo colazione e poi ci sono i compiti di scuola. La faccio scrivere, leggere, fare matematica, non voglio che perda niente di quello che ha imparato da settembre ad ora. Poi arriva in fretta il momento del pranzo, durante il quale cerco di farla mangiare in maniera appropriata ad una bambina della sua età ed equilibrata per far sì che al suo corpo in crescita non manchi niente. Poi puliamo la casa, mattiamo in ordine e cerchiamo di metterci in pari con tutte quelle cose che abbiamo tralasciato fino ad ora per mancanza di tempo. Nel tardo pomeriggio tocca a me studiare: anch’io vado a scuola e anch’io non devo perdere niente di quello che ho faticosamente conquistato con lo studio. Intanto lei si rilassa, ma mi rendo conto che spesso si annoia e mi dispiace tanto. Se è bel tempo, la porto in giardino, ma sinceramente la vivo malissimo perchè ho paura che una di noi due possa ammalarsi.
Sono diventata paranoica.
Quando mi hanno detto del carcinoma, a parte un primo fisiologico momento di smarrimento, sono sempre stata sicura che sarebbe andato tutto a buon fine. Mi preoccupava di più il viaggio da A a B, dove A era la diagnosi e B la guarigione, perchè sapevo che sarebbe stata molto dura, ma non ho mai dubitato della buona risoluzione della brutta situazione, perchè sapevo di essere in ottime mani capaci che mi avrebbero curata e rassicurata. Ma adesso, nelle mani di chi siamo? Sembra che nessuno ne sappia niente, nessuno sa dirci di cosa si tratta e come uscirne. Sembra che tuti vadano per tentativi, a spanne, ma questa insicurezza generale di certo non aiuta.
D’altra parte però esce il mio istinto primario di sopravvivenza che mi costringe a pensare che prima o poi tutto deve finire, perchè come ogni cosa tutto ha un inizio ed una fine. Quando c’è il sole soprattutto, i buoni pensieri si affacciano timidamente. La noia mi spinge a fare tante cose che non mi sarei neanche immaginata di poter e voler fare.
Una bella cosa, ma davvero bella, in questo periodo, è il silenzio. Quasi nessuna macchina o gente che chiaciericcia o urla o bambini che rumoreggiano… niente. Riesco a sentire il rumore del vento, gli uccellini che cinguettano, il fruscio delle foglie degli alberi e dei cespugli. Adesso mi piace stare in balcone a guardare l’orizzonte, perchè vedo le colline, le piante, le case che sembrano quasi disabitate, le strade vuote, i campi verdi. E basta. Non un essere umano. Gatti, cani, volatili di ogni genere. Ma nessun essere umano.
Ed è bellissimo!
Nessuna conversazione inutile o di convenienza.
Le interazioni umane ridotte all’essenziale.
Le conversazioni filtrate da un qualunque apparecchio, che sia un telefono, un computer o quant’altro.
Ecco, questo spero di conservarlo anche in seguito.
A quanto ho letto su internet, dopo una sola settimana di assenza di turisti da Venezia, i canali della città e la laguna, si sono notevolmente depurati, riempiendosi di avannotti di pesci autoctoni, che erano praticamente spariti a causa dell’eccessivo traffico di vaporetti e motoscafi e per colpa dell’inquinamento dato dal passaggio incessante di una fiumana infinita di turisti.
Ed in effetti, l’aria, anche qui, sembra già essere cambiata.
Spesso, da ragazzina, mi mettevo a fantasticare su un mondo poco popolato, privo di energia elettrica, quasi uno scenario post apocalittico, in cui la natura si sarebbe riappropriata del suo spazio. Credo che, se questo stato di isolamento forzato si protrarrà ancora a lungo, la situazione da me fantasticata da me adolescente, potrebbe verificarsi almeno in parte. Sarei curiosa… Beh, sicuramente potrò verificarlo a fine emergenza sanitaria… sempre che ci arrivi…
Oddio!
CHIARA NATALINI E… IL TEMPO PERDUTO E RITROVATO…
Se non fosse per il fatto che non posso uscire di casa nemmeno per andare al parco, a questa situazione di isolamento forzato senza sapere quando finirà e potrà riconmiciare la vita, sinceramente, ci sono abituata e non mi angoscio più di tanto per “l’attesa senza sapere come andrà a finire”.
Sono dieci anni che faccio allenamento al vivere alla giornata senza prospettive, tra periodi di lavoro senza nemmeno respirare e periodi in cui non trovi nemmeno da fare la cameriera, e non perché tu sia “choosy” ma semplicemente perché non ti chiama nessuno.
Succede anche così, sapete…
Ho passato dei mesi “rinchiusa” in casa, senza lavoro, senza poter uscire per risparmiare perchè quando non hai prospettiva di entrate, ci pensi quindici volte prima di spendere anche 10, 7 o 5 euro…perché se vai ad un evento, anche se gratuito, una birra non te la vuoi prendere? Se un amico ti invita a fare una passeggiata al parco, mentre lui mangia un gelato, che lo vuoi stare a guardare?! E vanno via 5, 10, 20 euro che non ti rientreranno.
Il lunedì mattina da disoccupati è il peggiore, sopratutto a Milano. Sopratutto in una città in cui tutti corrono e sono perennemente impegnati e in cui vige una specie di “calvinismo di sottofondo”, per cui se non trovi lavoro, sicuramente è colpa tua che non ti impegni abbastanza.
E la gente ti evita come la peste, non sia mai che tu la contagi con la tua sfiga da disoccupato.
“Cornuto e mazziato”, come si direbbe.
E quindi ti alzi, ti fai il caffè, invii curriculum, ti inventi delle piccole attività che ti tengano impegnato, vai a fare la spesa, rientri in casa, controlli le mail, chiacchieri al telefono con tua mamma che ti chiede “Come va?” che significa “Hai trovato lavoro?” e che scambia la tua calma per menefreghismo, perché lei non sa che oramai hai già passato tutte le fasi del lutto e hai visto che anche se ti agiti e ti strappi i capelli, se non deve cambiare un cavolo, non cambia un cavolo.
Perché tu sai che l’unica cosa che puoi fare è inviare curriculum e aspettare.
Ogni tanto ti chiamano per un colloquio, ma oramai non lo dici nemmeno più, perché quanti ce ne sono stati di colloqui in cui ti hanno incensato, ti hanno già trattato come parte del team dalla prima chiacchierata e con un: “Allora entro una settimana massimo ti facciamo sapere, ma non dovrebbero esserci problemi”, non si è fatto più sentire nessuno?!
E quindi tu aspetti e cerchi di non ascoltare la voce nella tua testa che ti fa sprecare energie risucchiandoti nel buco nero dell’incertezza e della mancanza di prospettive.
Sai che è l’unica cosa che puoi fare per non crollare.
Sai che questa attesa la puoi prendere in due modi:
O angosciandoti ogni giorno, rodendoti il fegato sprecando energie, facendoti attanagliare dall’angoscia di non sapere quando questa situazione finirà;
oppure inventarti piccole azioni di “distrazione” e “speranza” quotidiane.
E accettare che non tutto dipende da te, devi solo continuare a perseverare e a restare calmo, come in una maratona.
Devi conservare le energie, conservare le razioni, perché ci sono delle cose che per quanto tu ti impegni e ci metta della buona volontà, non dipendono da te.
E’ così e basta.
Devi aspettare che cambi il vento.
Non senza fare un cavolo, è ovvio.
Ma se tanto non cambia, non cambia.
E quindi accetta, resisti, cerca di intrattenerti e sfruttare la pausa per imparare cose nuove, così che nel momento in cui la ruota girerà di nuovo, le tue energie non si siano sprecate nell’angoscia.
E se dei giorni non hai voglia di fare un cavolo, ci sta pure quello, non ti colpevolizzare.
Stai nel letto a vegetare uno, due, tre giorni, mangia schifezze e fai indigestione di netflix.
Poi però ti rialzi, ti fai la doccia, ti vesti anche se non devi andare da nessuna parte, invii curriculum e approfitti di una bella giornata per fare un giro al parco e magari puoi fare come faccio io, che decido che quel giorno lo dedicherò a scrivere una sceneggiatura o un progetto, così da crearmela io una simil prospettiva, visto che il mondo non sembra darmi niente.
E aspetti fiducioso che il vento cambi.
Chiara N.
21:33Corona ◦ La Cina è in piena epidemia, e il mondo la osserva, io la osservo ma, ho piena fiducia che i cinesi ce la fanno, considerando la loro cultura e la loro disciplina, il mondo si è diviso tra chi li condanna e chi li appoggia. ◦ La paura del contagio ha spinto molte persone, in varie parti del mondo, a denigrare qualunque asiatico con occhi a mandorla, un atto di razzismo e di ignoranza che mi ha lascia scioccato ogni volta che ascolto una notizia simile. ◦ Ma la Cina non si ferma, continua la lotta con strumenti all’avanguardia che nessun paese al mondo avesse mai usato. Ma nel resto del modo le persone danno per scontato che il contagio potesse arrivare alle loro porte, come se solo scacciando via il cinese bastasse a mettersi in salvo, ma non è così, l’epidemia arriva anche qui, la tensione e la paura cominciano a dilagare fra tutti, io penso: l’uomo ha superato epidemie nel passato, ha superato guerre e catastrofi naturali ma, esiste ancora, quindi ce la faremo, soprattutto perché siamo evoluti e abbiamo più strumenti del passato, ma la paura si presenta anche alla mia porta ed è più potente del virus stesso, ho paura si ma, dell’uomo che potrebbe perdere la ragione a causa dell’epidemia. Quindi sono di fronte a due virus, uno è biologico” coronavirus” che è la palla più importante nel campo mediatico di oggi, tra verità e numeri tirato a caso, l’altro è invisibile “la paura” che dilaga velocemente fare la gente, causata da chiacchiere, interessi politici, ignoranza accumulata negli anni, il numero dei contagiati dal virus paura però supera in gran parte quello del Covid-19,ed è più pericoloso, in America mi dicono che le persone fanno la fila davanti ai negozi di armi invece che davanti ai supermercati! A quel punto il mio ragionamento non fa una piega, ho molte punti interrogativi nella testa ma serve tempo per avere risposte, questa quarantena non è poi cosi malvagia, ci sta costringendo a riflettere, a vedere il mondo da un’altra prospettiva, ci sta facendo ricordare che ci sono molte cose più importanti del denaro, e che la felicità la possiamo trovare anche nelle cose che fino a poco tempo fa, credevamo fossero insignificanti. ◦ Il coronavirus sta mettendo a dura prova L’Unità degli uomini, la cooperazione internazionale di sicura cambieremo dopo tutto ciò, ma la domanda è: impareremo ?