Joker e Maleficent : la teoria della mente come risorsa di pace.

Di recente ho visto i film  Joker e Maleficent  e così si è riattivata in me la riflessione sulla teoria della mente e l’empatia nel film.

 Ultimamente, Vittorio Gallese, ha pubblicato diversi articoli  sull’ empatia e il film ad es. The Empathic Screen: Cinema and Neuroscience. Oxford University Press. 272pp. dove chiarisce ancora più in dettaglio il rapporto fra la simulazione incarnata, la percezione empatica dell’altro soggetto umano e il rapporto con il film.

Ho letto con molto interesse, come del resto faccio abitualmente, questi articoli ma poi la mia riflessione è andata oltre e allora, in questo breve intervento, spero di portare la vostra attenzione su alcuni elementi particolari che ritengo importanti .

Questo articolo non ha la pretesa di un’analisi dei film, ma si propone  come  uno spunto libero di riflessione, come un’occasione per riflettere sulla percezione di sé in relazione agli altri. Un’ opportunità che ci aiuta a comprendere quello che gli altri pensano e credono di sapere di noi, su come ci dipingono, e su come noi riusciamo a trovare o, a non trovare, la libertà di essere interi oltre la frammentazione a cui vorrebbero sottoporci le “teorie attributeve” che nelle relazioni sociali ci vengono addossate come maschere di ruolo e che poi finiscono per essere assunte a parametro oggettivo di conoscenza. Maschere o ritratti  che traggono origine dai fantasmi insiti più negli autori del quadro che estrapolate dall’autentica osservazione dei soggetti descritti.

Nei due film nominati possiamo osservare i protagonisti nel movimento di ricerca della propria soggettività. Una ricerca di identità che va  oltre la proiezione, oltre la narrazione che gli altri fanno di loro stessi e ne possiamo notare gli esiti:  esito positivo in Malefica e esito disgregante in Joker.

Malefica si erge  come un personaggio positivo  sopra il potere che la retorica della narrazione vorrebbe imporre all’ l’autenticità della vita. Una retorica del doppio, dell’ambiguità che sembrerebbe plasmare la verità  della vita ma che in realtà non è altro che un punto di vista usato per l’esercizio del potere sull’altro. Una manipolazione strumentale al servizio della sopraffazione che metterebbe in gioco la pace, se scomparisse il potere della mediazione riflessiva della mente. Veramente uno scontro fra il potere della retorica e la verità della persuasione che insegue la conoscenza del “vero”.

 Nell’altro film Joker possiamo vedere come i processi di idealizzazione del sé e dell’altro, conducano inesorabilmente all’ occultamento della “verità”.  L’assunzione del mascheramento, come modalità di relazione con il mondo conducono il protagonista, a indossare la maschera nel tentativo di occultamento dell’identità finendo inevitabilmente nella follia distruttrice sia di sé che dell’altro. Dunque la maschera che copre e che impone una forma, un sorriso, una idealizzazione della realtà, emargina inevitabilmente la verità.

Senza verità non si può instaurare un percorso autentico di individuazione del sé. La persona, che rimane solo guscio, non può fare altro che ripiegarsi nella  dimensione psicotica. A Joker resta solamente il delirio, lo sfogo istintivo  incontrollato della rabbia, della frustrazione. Nudo è tutto il dolore dell’escluso, del reietto in una follia distruttrice che uccidendo tutti non lascia più possibilità a nessuno di recuperare la propria identità. Tutti diventano maschere vuote e sotto il mascheramento il soggetto si liquefà nella follia.

In  Joker , la maschera che solitamente ha la funzione di  coprire per svelare l’individuo, assume in questo film anche  una funzione sociale . È interessante notare come in entrambi i film, oggetto di questo dialogo, la dimensione del sociale rappresenti la molla scatenante la psicosi delirante sia della regina Bianca in Maleficent, sia di Joker. La dinamica fra la Persuasione e la Retorica, si articola nel rapporto fra il bene e il male quasi come in un trattato della Gnosi e questi temi, richiamano molto le tematiche care ai filosofi gnostici dei primi secoli del cristianesimo. Infatti, tutto ciò che è dipinto come male non è male, ma raccoglie in sé un potenziale liberante e inaspettatamente salvifico.  Il cosiddetto bene, invece, spesso maschera gli interessi di potere e di dominio al servizio del delirio dell’io, conducendo la società ad un inevitabile crollo distruttivo.

La pace, la possibilità di andare oltre il conflitto è il vero potere di Malefica che trovando  la capacità di riflettere su se stessa, sceglie saggiamente a favore della vita e della convivenza pacifica fra i diversi, trovando una strada di autentica tolleranza e rispetto. Malefica fa i conti con  le proprie emozioni, con la propria rabbia e decide, con un atto libero di non essere più al servizio di legami occulti e ambivalenti.

Anche Joker,  distrugge tutti legami occulti e ambivalenti mostrando con la propria follia, anche la follia  di una società  mascherata e preoccupata prevalentemente del proprio aspetto massmediatico ma oscura a se stessa.

In ultima istanza ritorna in prima posizione la domanda fondamentale sulla teoria della mente dalla quale ha preso avvio la mia  riflessione: a cosa serve un’efficace teoria della mente ?

Sicuramente,  essere consapevoli di come e perché, interpretiamo le interazioni sociali e comprendere fra le righe le intenzioni dell’altro ci da più sicurezza, ci fornisce l’ equilibrio e  gli strumenti utili al recupero della nostra libertà di soggetti. La sicurezza in noi stessi e l’autostima danno la possibilità di far cadere le maschere e mostrarsi finalmente “nudi”. Uscendo dalla frammentazione di pirandelliana memoria, senza dovere inciampare nella follia, è possibile individuare una strada saggia, dove può regnare la fiducia e la cooperazione fra persone libere, dotate di senso etico della vita, oltre il nichilismo e  la follia collettiva.

1 pensiero su “Joker e Maleficent : la teoria della mente come risorsa di pace.

  1. e una pittoresca gallery di quella fantascienza para filosofica che, girando attorno alle nebulose e ai buchi neri, ci riporta alle domande capitali: chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Come se la chiave per capire stesse necessariamente nelle profondita cosmiche e non fosse invece il riflesso della nostra anima. Niente alieni o mostruosita galattiche. A profusione, invece, gli effetti speciali, ma sotto traccia, senza sussulti. (altro )

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